Rassegna stampa

Borgo Rotondo

Partogenesi di una passione

di Gianluca Stanzani

Cosa fanno un’antropologa, un li­braio, uno storico dell’arte e un poeta dentro una libreria? Sembre­rebbe una di quelle barzellette del tipo: ci sono un italiano, un tede­sco, un francese e un inglese… ma questa non è una barzelletta. Un’antropologa, un libraio, uno sto­rico dell’arte e un poeta fanno un editore! Fanno un’impresa (ecce­zionale) al dispetto dei tiri d’aria. Fanno libri al dispetto della nume­rosa e agguerrita concorrenza. Fanno soprattutto gruppo e un’amalgama ben assortita, con l’entusiasmo del fare. Un entusia­smo e una passione che nel mondo del lavoro, delle piccole e medie imprese si trasforma non in porte sbattute in faccia, ma bensì nella più assoluta indifferenza. Una fero­ce indifferenza che scoraggerebbe anche il più saggio e quieto degli animi. E così si è costretti ad emi­grare, cercando fortune e riconosci­menti in terre straniere. Laddove un tempo emigravano braccianti, ope­rai, semplici manovali ora emigrano giovani menti, intellettuali non rico­nosciuti per i loro meriti. Così, men­tre giovani pakistani, cinesi, albane­si, marocchini o senegalesi emigra­no verso il nostro stivale, i giovani figli degli indigeni si ritrovano co­stretti con una valigia in mano, pena, l’essere additati come eterni bamboccioni, ben saldi nelle calde e accoglienti mura materne.

Ma se ci vuole coraggio nell’emi­grare in un paese non tuo, altret­tanto coraggio lo si deve riconosce­re verso chi decide di rimanere. Verso chi è cosciente dei propri so­gni, delle proprie speranze disilluse e a dispetto dei famosi “tiri d’aria”, decide di rimanere e resistere. Re­sistere anche a dispetto di una classe politica che sembra essersi scavata un abisso, tra sé e le gio­vani generazioni, tra sé e il futuro che incarnano questi giovani citta­dini. E sì è costretti ad arrangiarsi ed inventarsi un mestiere, a dispet­to di roboanti lauree nel cassetto, buone più per dare lustro ad una parete che per conquistarsi il pane quotidiano.

A dispetto delle Cassandre testé ci­tate, la Maglio Editore nasce so­prattutto dalla comune passione di Marco, io (Gianluca), Alex ed Eleo­nora verso il bene libro e ciò che esso incarna. Verso l’odore delle pagine fresche di stampa, come il profumo del pane appena sfornato. Verso una passione innata per la lettura e le buone narrazioni da sfo­gliare prima di dormire. Verso la passione anche dello scrivere, bi­nomio imprescindibile con il legge­re. Passioni ed amori che nessun cinico ed ironico politico, che sem­bra farsi un vanto della propria ignoranza, potrà mai distoglierci o mitigare.

Siamo giovani e non ci vergognia­mo di esserlo; non ci vergogniamo della nostra inesperienza gettata in un mondo, quello dell’editoria, che sembra più composto da grandi manager e capitalisti provvisti di Master in Marketing, che da ingenui lettori che ancora si stupiscono del­le buone storie, raccontate da un bravo narratore. Loro, i grandi, sop­pesano un fascio di carte e ne cal­colano gli ingenti profitti, noi, come piccoli artigiani di bottega, sfoglia­mo manoscritti e saggiamo chi di loro, può avere la costa abbastanza larga e robusta per diventare libro ed affrontare una moltitudine di tan­ti altri libri. Libri pronti a sgomitare in libreria, ad occhieggiare al lettore con mirabolanti slogan in frontespi­zio e allusive e abbacinanti immagi­ni di copertina. Molti, dopo essere stati colti da mani inesperte come da occhi ciechi su di una scansia di libreria, scattano feroci come gana­sce su quei poveri polsi e rilasciano al misero lettore, una violenta e ru­morosa pernacchia di scherno per l’aver “abboccato all’amo”. Come salmoni boccheggianti in attesa di essere agguantati e serviti, nelle prelibate pietanze di panzoni-editori dall’occhio lucido al lucro facile.

Ovvio, anche noi dovremo campare altrimenti questa bell’impresa, da qui a un anno, avrà vita breve, ma dispetto a molti “soloni” che si na­scondono dietro a slogan del tipo “democratizzazione culturale”, “stretegie di co-produzione”, “rivolu­zione editoriale”, col solo interesse di stordire l’aspirante autore e di fare il proprio interesse, con le ta­sche dell’ingenuo scrittore, noi, mettiamo in gioco prima di tutto la nostra faccia! Mettiamo in gioco la nostra serietà e sincerità nel disillu­dere chi ha gli strumenti ma non le basi dello scrivere. Potremo certa­mente con un buon editing miglio­rare un qualcosa di già solido e ben costruito, ma non potremo certa­mente trasformare gli sfoghi nevra­stenici scarabocchiati su qualche pagina di diario, in bestsellers da fama e quattrini.

Consapevoli di metter in gioco in­nanzitutto noi stessi, come ho sot­tolineato alla presentazione del no­stro primissimo libro, lo scorso 17 ottobre, vorrei che non si conside­rasse l’avvio di questa complessa e non semplice attività, come l’avviar­si di qualsiasi altra attività di stam­po prettamente privato perché nata dall’idea di un privato o di un grup­po di privati cittadini, ma vorrei che si facesse ben largo il concetto che una casa editrice è qualcosa d’al­tro. Una casa editrice incarna cultu­ra. La cultura, le tradizioni, le radici e le passioni di una collettività. E proprio per questo la Maglio Editore è innanzitutto patrimonio e valore dell’intera comunità persicetana.

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