La Vallazza

storiecorrenti.blogautore.repubblica.it – 13 novembre 2018

Oggi vi raccontiamo la storia di una gara che sa di podismo e nebbia, terra e fatica. E lo facciamo attraverso il nuovo lavoro editoriale dell’amico Saverio Fattori: “La Vallazza 1979-2018 Quarant’anni di corsa, da un’idea di Ario Lazzari, edito da Maglio Editore.

La partenza nella nebbia - anno 2008

La partenza nella nebbia – anno 2008

Saverio Fattori è una delle penne più attente e sensibili ai cambiamenti del nostro tempo e non solo quello cronometrico. Autore di uno dei libri più belli sul mondo del doping “Acido Lattico” pubblicato da Gaffi nel 2008. Saverio scrive per il magazine Correre per cui riporta, mese dopo mese, il nostro mondo con spirito critico, spezzando la seriosità di un podismo ormai lontano da quello raccontato nel nuovo testo appena pubbicato.

La Vallazza è una gara che si corre da 40 anni, in località Molinella, un paesone nel centro di tutto, lontana da tutto, dove non ci passi, ci vai e basta, è una scelta, mai un caso, in passato era definita l’Isola socialdemocratica, per ragioni tanto curiose quanto fortemente identitarie lunghe e complesse da raccontare.

È in provincia di Bologna, equidistante da Ferrara, non lontana dalla Romagna, che podisticamente parlando parte già da Imola e si bagna in riviera. Saverio ci racconta che “chi corre da queste parti raggiungerla almeno una volta all’anno è quasi d’obbligo, il Circuito de La Vallazza è sempre stata una gran classica, e in fondo lo è ancora, anche se oggi i circuiti a invito con una ventina di atleti tutti forti e tutti pagati per correre sono in estinzione. Per due ragioni molto semplici: sono finiti i soldi, ma soprattutto sono finiti gli atleti forti.”

Corriamo in tanti ma andiamo sempre più piano. Concetto già reitirato allo sfinimento.

“A Molinella la gara internazionale a ingaggio finì nel 2007″, ricorda Fattori, “erano passati tutti da qui, la scuola ferrarese di maratona di Giampaolo Lenzi era vicina, arrivarono molti dei protagonisti di New York, Orlando Pizzolato, Laura Fogli, poi una giovanissima Franca Fiacconi, Gianni Poli, Giacomo Leone, citarne qualcuno per dimenticarne colpevolamente tanti altri.”

A la Vallazza ci sono passati anche i primi ragazzi africani, quel scivolare nell’aria che faceva sembrare facile correre forte. Grande imbroglio visivo. Leggenda vuole che Robert Kipkoech Cheruiyot arrivò dritto dritto dal Kenia per un primo test fuori dal suo continente, e prima di infilare un poker fantastico alla Maratona di Boston.

“Nel 2003 vinse addirittura Stefano Baldini, fu l’anno del terzo posto ai Mondiali di Parigi, aveva una corsa magnifica anche lui per essere così poco abbronzato, e l’anno seguente avrebbe fatto il capolavoro assoluto ai Giochi olimpici di Atene”.

Memorie nostalgiche di campioni che oggi non riusciamo più a tifare.

Ma il lavoro di Fattori è a metà strada tra il cronista e l’archivista con tante storie che sarebbero infinite. “Mi sono ritrovato a casa un faldone di classifiche che nemmeno il maxi processo di Palermo, nomi e numeri infiniti, dare un senso narrativo mi sembrò subito impresa disperata. Nomi importanti e tempi a certificare il valore di queste presenze, al tempo la gara era dieci chilometri misuratissimi e con trentatraquattro minuti oggi fai festa, allora, anni Novanta, faticavi a finire nei primi cento. ”

Saverio, in questo mare magnum del riscontro cronometrico perfetto, ama andarsi a perdere nelle storie di atleti incompiuti, le meteore, atleti che hanno brillato qualche stagione poi sono stati risucchiati da buchi neri a volte misteriosi.

“Non ho potuto raccontare sempre tutto, l’atleta professionista è fragile, specie quando affida tutta la propria vita a questo sport ingrato e qualcosa si inceppa. Walter Merlo è un nome che nessuno ricorda, eppure da Juniores era il più forte in Europa, a Molinella vinse tante vite fa, e non ebbe quei risultati internazionali a cui sembrava destinato. ”

Una foto splendida lo immortala sfuocato, scappa e vince la volata, scapperà troppo presto anche dalla vita, lo scrivere vive di Monarchi assoluti ma soprattutto di Eroi tragici, non di podisti apericena che alla Maratona di New York ci vanno per fare invidia al vicino di scrivania.

“Il mio è passatismo. Il dizionario così recita: Attaccamentoingiustificato alle idee e ai costumi del passato. Ingiustificato, quindi il termine ha valenza negativa.”

In fondo è bello quando la gente è felice, e la gente è felice perché con la medaglia al collo torni un po’ bambino, un bambino vincente fuori tempo massimo… in fondo ai Giochi della Gioventù alle medie non ti era riuscito di portarne a casa una.

Marco Raffaelli

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