Le braci

I 34 scheletri del Poggio

SECONDA EDIZIONE

La differenza fra una fossa comune e un cimitero è simile a quella che c’è fra una discarica e un archivio.

Qui è ricostruita la storia dei “34 scheletri” del Poggio, sepolti in un antico cimitero di cui non si aveva notizia, riaffiorati casualmente in seguito a un’aratura profonda e recuperati nel corso del mese di ottobre del 1962. Il cimitero, formato da due file parallele di sepolture orientate a est e disposte ordinatamente, fu definito in modo sbrigativo “fossa comune”. Niente autorizzava a pensare che quei resti appartenessero alle vittime di qualche strage avvenuta nel dopoguerra e che ci si trovasse di fronte a un fatto criminoso, ma la “notizia” di una strage mai avvenuta, costruita dal parroco e dall’Avvenire d’Italia, esistette e diventò Storia.
Di chi erano i resti di quelle “povere vittime” di cui don Guido Franzoni si appropriò con tanta passione? Erano uomini, donne e bambini vissuti più di mille anni fa, che i partigiani, dopo averli barbaramente trucidati, avevano occultato, contravvenendo all’articolo 340 del Testo Unico di Legge di Pubblica Sicurezza del 1934. E perché i partigiani avevano seppellito anche una testa di cavallo?

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