Ats

La Repubblica, 8 novembre 2012

LA STORIA

La scuderia bolognese che osò sfidare la Ferrari

La Porrettana come pista di collaudo delle monoposto della Ats: l’avventura di Giorgio Billi e il suo sogno naufragato raccontati nel libro di Michael Lazzari

di LUCA BACCOLINI

Gran Premio di Monza 1963 Hill su Ats davanti a Siffert su Lotus e Anderson su Lola (Actualfoto)

Ci fu un’epoca in cui per allestire un team di Formula Uno bastava l’ingegno d’un manipolo di meccanici e la follia d’un trascinatore. Idealisti d’altri tempi, visionari che a distanza di cinquant’anni – almeno chi è sopravvissuto – hanno gli occhi che brillano di quella luce ruggente,
sepolta sotto una coltre di baffi bianchi.

Nella prima metà degli anni ’60, Bologna aspirò a diventare l’antagonista di Maranello. Più precisamente, da una costola ribelle di otto elementi della Ferrari licenziati in tronco, nacque nel 1961 la ATS (Automobili Turismo e Sport), con sede in via Altabella e stabilimento a Pontecchio Marconi. L’ambizione era quella di costruire monoposto vincenti e di finanziare le corse di Formula Uno con il mercato delle granturismo da strada. Un’utopia che ha occupato le energie di Giorgio Billi, che oggi ha 88 anni e nel libro di Michael Lazzari appena uscito (“Ats, la scuderia bolognese che sfidò Ferrari”, Maglio Editore), racconta la sua avventura più ardita.

È un viaggio di 120 pagine e 25 foto rarissime all’interno di un automobilismo ruspante, che provava le sue vetture sulla Porrettana, costruiva pezzi con macchine da cucire riconvertite e presentava le monoposto nella hall del Baglioni, alla presenza di Manuel Fangio. Le Ats non ebbero fortune iridate, nonostante la guida del campione del mondo Phil Hill, scippato proprio alla Ferrari. Eppure, è proprio il naufragare di quel sogno a rendere più leggendari quei tentativi appassionati e ben di rado foraggiati dagli sponsor.

“Noi cerchiamo di costruire un’auto che possa correre e vincere – diceva Carlo Chiti, il progettista, nel 1963 -, Se ci riusciamo bene, in caso contrario il nostro sarà stato un tentativo di dare lustro allo sport e come tale non potrà esser biasimato”. Idealisti, certo. Ma ancora abbastanza forti da ispirare un libro a da accendere gli animi di chi non visse quegli anni. (08 novembre 2012)

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