Le braci

Era come a mietere

MIETERE - copertina - 11 2015_trcLe testimonianze dei soldati persicetani della prima guerra mondiale, pubblicate nel 1982 e ora riproposte alla lettura, fanno ormai parte – insieme a quelle dei tanti protagonisti di altri territori italiani che lentamente stanno emergendo – di un grande archivio della memoria, dove le cronache di un’orrenda tragedia sono affidate a chi più di ogni altro ha diritto di raccontarle.
Il recupero e la conservazione delle memorie dal basso, delle tessere più piccole e al contempo rivelatrici della grande storia, hanno ricevuto una ben scarsa attenzione anche nella vita dell’Italia democratica. Si è oscurata così una miriade di microstorie e di singoli drammi quotidiani vissuti collettivamente dai soldati, in favore di una visione trionfalistica della guerra e delle sue vittime. Le esperienze dirette di chi vi ha partecipato – come emerge in Era come a mietere – testimoniano invece il deterioramento morale e fisico, il dolore, la disperazione, la fame e la sete, le malattie, l’impreparazione e, talora, la cattiveria dei superiori, le esecuzioni sommarie, le insensate carneficine (con i fanti falciati come le spighe in un campo di grano).
Sono vicende, stati d’animo e sofferenze dei protagonisti della prima guerra mondiale che ancora oggi l’opinione pubblica largamente ignora, condizionata dalla retorica celebrativa e sulle quali gli stessi specialisti, utilizzando diari, lettere e memoriali hanno incominciato da poco a riflettere. Grazie a questo tipo di fonti storiche, si sono aperti nuovi orizzonti di ricerca, ad esempio sulle decine di migliaia di rinchiusi nei manicomi per i traumi subiti durante la guerra.
L’auspicio di Era come a mietere è di contribuire a rendere il centenario del primo conflitto mondiale l’occasione per costruire una memoria storica il più possibile completa e condivisa, basata su una coscienza critica solida, capace di riflettere sulle tante ragioni per cui fu orrore quella guerra.

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