Salariate dell'amore

Borgo Rotondo

Un libro di storia (e di storie) sulla prostituzione nell’ottocento

di Eleonora Grandi

Peccatrici sventurate, infelici scostumate, sciagurate. Clandestine, sospette, patentate. Meretrici incallite, puttane, addirittura puttanissime, come si legge su una carta d’archivio risalente al 1868, redatta da un solerte impiegato il cui compito era quello di registrare il numero delle prostitute presenti quell’anno a San Giovanni in Persiceto. Per il parroco erano emissari del demonio, per il generale seduttrici ammorbanti ma anche necessario passatempo per i soldati di stanza a Persiceto dopo la rivolta per la tassa sul macinato, per gli osti che avevano “la stanza per quelle donnette” una fonte di sicuro guadagno. Alla fine l’appellativo più gentile viene rivolto a queste donne nel titolo del volume: salariate dell’amore.

Salariate dell’amore. Storie e faccende di meretrici nell’Ottocento bolognese (Maglio Editore) è l’ultimo libro di Sara Accorsi e Anna Natali. Frutto di una paziente ricerca d’archivio su materiali risalenti alla seconda metà dell’Ottocento (1859-1893), rinvenuti da Anna Natali nell’Archivio storico di San Giovanni in Persiceto e nell’Archivio di Stato di Bologna, il libro indaga gli effetti dell’applicazione del «Regolamento sulla prostituzione» in territorio emiliano attraverso le storie di vita di donne e uomini che a vario titolo erano coinvolti in quell’affare. Dopo l’unificazione d’Italia una delle prime azioni di Cavour fu l’introduzione del Regolamento (esteso a Emilia, Piemonte, Liguria e Lombardia), per contenere la propagazione delle malattie veneree assai diffuse tra le truppe impegnate sui campi di battaglia e di cui le meretrici erano considerate le uniche responsabili. Pericolo per la morale, la salute e l’ordine pubblico, queste donne erano soggette a controlli coercitivi di tipo medico e poliziesco. Coloro che volevano esercitare legalmente “il mestiere” dovevano essere iscritte a un registro, che permetteva alla polizia e ai medici di effettuare incursioni nei postriboli, di sottoporre le donne a visite ginecologiche settimanali, e di trasferire nei sifilocomi le prostitute trovate infette.

Con l’articolo 10 del Regolamento i Direttori degli Uffici Sanitari furono obbligati a presentare una relazione annuale al ministero dettagliando i loro interventi: la prostituzione da “chiacchiera” divenne un sapere concreto di carattere politico-amministrativo, e si produsse quel carteggio nutrito (corrispondenze, moduli, ricevute, trascrizioni di verbali e di delibere, lettere di reclamo o di petizione, verbali di arresto o di traduzione in carcere, certificati medici e bolle di accettazione in ospedale, fogli statistici e comunicazioni anche personali di protesta, di dissenso di giustificazione), che sta alla base si questa ricerca. Nacque così la “pornografia” intesa come “scritto relativo alla prostituzione”, che passando di mano in mano ad agenti e ufficiali esponeva le donne e la loro intimità a letture sfacciate. Donne il cui comportamento non si adeguava al modello femminile tradizionale (straniere, disoccupate, donne povere, senza fissa dimora o trovate in luoghi sconvenienti) venivano arrestate con l’accusa di prostituzione clandestina anche in mancanza di prove. Il contatto con l’autorità era violento e discriminate, la visita ginecologica fatta senza il rispetto di misure igieniche minime, e il sifilocomio era organizzato come una prigione. Si agiva sulla donna ignorando completamente il cliente (“come se il contagio avvenisse all’insaputa dei soggetti coinvolti”, si lascia sfuggire il medico), mai oggetto di alcuna ispezione, mai ritenuto corresponsabile della trasmissione.

Scritto a quattro mani, Salariate dell’amore è diviso in due parti. La prima parte narrativa, di Sara Accorsi, dà vita con brio a undici personaggi realmente esistiti nella Persiceto dell’epoca. Reali sono le vicende raccontate, immaginato è il punto di vista di chi per varie ragioni era legato alle faccende del meretricio. Come la Luzi, prostituta dai tanti nomi e scandali, il dottore delle visite settimanali, Ugolini, il generale delle truppe alle prese con l’emergenza del contagio per i suoi soldati, la mammana impegnata a gestire gravidanze e a trovare collocazione ai nascituri. Nella seconda parte Anna Natali, dopo rapidi cenni alla storia della prostituzione che offrono al lettore una preziosa cornice di riferimento, si addentra nella disamina specifica della storia della prostituzione nell’Ottocento e nella provincia bolognese.

Conseguenza della miseria e dell’ignoranza e non frutto di una libera scelta (“con la tavola piena si fa presto a sparar giudizi!”, dice la vicina di casa), tramandata di madre in figlia e spesso di suocera in nuora, la prostituzione nell’Ottocento bolognese era un fenomeno drammatico e contraddittorio, perché contemporaneamente accettato e osteggiato dalle istituzioni pubbliche. Salariate dell’amore è un libro che svela una pagina segreta del nostro passato a un presente che, con le sue escort, le sue questure e i suoi festini, in storia continua a essere rimandato. Purtroppo.

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