Salariate dell'amore

APERTAmENTE

di Valentina Borghesani

Prendi due donne d’oggi, la sensibilità letteraria di una e le conoscenze mediche e psicologiche dell’altra. Ponile davanti a 30 anni di burocratica pornografia (letteralmente “scrittura sulla prostituzione”) ottocentesca. Leggi quanto ne emerge e comincia a riflettere. Suscitare riflessioni a tutto campo è il principale merito del volume “Salariate dell’amore. Storie e faccende di meretrici nell’Ottocento bolognese”, pubblicato dalla Maglio Editore. Un volume che scorre veloce, a dispetto della mole di dati raccolti e analizzati, e leggero, a fronte della cruda realtà raccontata. Nella prima parte, la mano ironica e narrativa di Sara Accorsi ci trasporta tra le mura domestiche, lungo le strade, fin dentro gli ambulatori e le carceri dove si svolgeva gran parte della vita di quelle donne. L’occhio critico ed esperto di Anna Natali si occupa invece, nella seconda parte, dell’inquadramento storico-legale delle vicende narrate. La prostituzione viene affrontata nel modo più limpido possibile, sempre in bilico tra morale e salute pubblica, dove la libertà dei costumi e dei piaceri si confonde con la miseria e la violenza. Ieri come oggi. Legalizzare, regolamentare, controllare: sarebbe eticamente accettabile? sarebbe realisticamente fattibile? Condannare, punire, redimere: chi e come? con quale fine? Ecco alcune delle riflessioni provocate da questa raccolta di vicissitudini persicetane raccolte dalle autrici nei documenti degli archivi storici, tra la polvere e le pagine ingiallite scritte tra il 1859 ed il 1893. Grazie alla doppia scelta stilistica, le autrici riescono a dar voce a quelle carte ed anima a quelle donne, così lontane nel tempo eppur così attuali nella loro triste vita di donne sfruttate. Rimane solo il mesto sospetto che la storia, lungi dall’essere una severa insegnante, sia più che altro una meretrice: piegata al volere di chi è potente, lasciata sola e reietta ad ammonirci in vano che no, non può fare questo un Uomo.

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